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Stanno bene le gemelline siamesi separate all'Ospedale di Bergamo

Il 2 marzo hanno lasciato l’ospedale dove sono nate e dove hanno trascorso i primi sei mesi della loro vita, a meno di un mese dallo straordinario intervento di separazione eseguito mercoledì 31 gennaio. Le gemelle siamesi nate all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo il 23 agosto scorso stanno bene e, a parte i controlli, le aspetta una vita normale, con i genitori, sempre presenti accanto alle piccole anche durante i ricoveri in terapia intensiva, la sorellina di due anni e i nonni.

L’intervento
L’intervento è iniziato alle 9 del 31 gennaio 2018 e si è concluso alle 18.30, senza nessuna complicanza particolare. Tre ore sono servite per la preparazione anestesiologica, di cui si sono occupate, alternandosi nel corso dell’intervento, due équipe della Terapia intensiva pediatrica.
Terminata la preparazione, intorno alle 12, è iniziato l’intervento chirurgico vero e proprio, che è durato 6 ore e mezza. Inizialmente hanno lavorato i chirurghi pediatrici, il direttore della Chirurgia pediatrica Maurizio Cheli e il primario emerito Giuseppe Locatelli, che hanno diviso i tessuti, le fasce muscolari e lo sterno, in modo che Michele Colledan, Direttore del dipartimento chirurgico e della Chirurgia 3  - Trapianti addominali, potesse procedere con la divisione dei due fegati, che si presentavano indipendenti ma congiunti. Cheli e Locatelli hanno concluso l’intervento suturando le bambine, sempre rimaste, anche una volta divise, sullo stesso tavolo operatorio.
In sala operatoria, anche gli anestesisti Alberto Benigni, Floriana Ferrari, Bruno Locatelli e Micol Maffioletti, gli strumentisti Alex Brembilla, Emanuela Erpili, Silvia Mazzola e Orietta Roncelli, la coordinatrice infermieristica Maddalena Ferrari, le infermiere Valeria Bendotti, Francesca Bortolotti, Silvia Bruletti, Serena Falgari, Wilma Merelli, Cinzia Meticci, Valeria Palma, Francesca Ronzoni, Roberta Silvestri, e il tecnico di radiologia Stefania Capussela.
Dopo l’intervento le bambine sono state ricoverate nella Terapia intensiva pediatrica del Papa Giovanni, strettamente monitorate per gli alti rischi emorragici e infettivi del post operatorio dall’équipe guidata Ezio Bonanomi  e dalla coordinatrice infermieristica Giuliana Vitali.

La gravidanza e il parto
La gravidanza è stata seguita al Papa Giovanni a partire dalla 28esima settimana, il parto cesareo programmato per il 23 agosto 2017, a 35 settimane di gestazione. La mamma era stata ricoverata qualche giorno prima, affidata alle cure di Nicola Strobelt, già responsabile della Medicina materno-fetale del Papa Giovanni XXIII.
Dopo settimane di simulazioni su modelli anatomici, il 23 agosto in sala operatoria oltre a Strobelt c'erano i ginecologi Stefano Comotti, Luisa Patané e Marco Carnelli, gli anestesisti Maurizio Candiano e Chiara Viviani, l’ostetrica responsabile delle Sale Parto Bruna Pasini, con le colleghe Jessica Sangaletti e Maria Teresa Asperti. E' stata eseguita un'incisione longitudinale sull'addome materno e sull'utero a T rovesciata, quindi sia in orizzontale che in verticale, in modo da creare uno spazio sufficientemente ampio da consentire un'agevole estrazione di due neonati insieme.
Immediatamente dopo la nascita, le bambine sono state assistite dagli operatori della Patologia neonatale guidati dal direttore Giovanna Mangili e dal suo vice, Maurizio Giozani, e dalle coordinatrici infermieristiche Vilma Ruggeri e Maria Fornoni.
In Patologia neonatale sono stati eseguiti tutti gli accertamenti utili a programmare l’intervento di separazione, fornendo un quadro il più possibile completo delle loro condizioni, dell’anatomia e delle funzioni comuni. Osservati speciali – grazie a radiografie, scintigrafie, ecografie e TAC – sono stati l’apparato gastrointestinale e il torace. Le indagini avevano messo in evidenza che le bambine erano nate con un fegato ciascuna,  ma con i due organi congiunti. Inoltre la regione dello sterno presentava una stretta fusione. Essenziale in queste fasi l’apporto dei professionisti delle unità di Medicina Nucleare, Radiologia e Chirurgia plastica.
Le bambine sono sempre state in buona salute e hanno raggiunto, congiunte, il peso totale di 9 chili, da un peso alla nascita di circa 5 Kg. La scelta di intervenire a 5 mesi ha rispettato le indicazioni della letteratura sull’argomento, secondo la quale  il periodo più favorevole per l’intervento è tra i 4 e i 6 mesi.

I gemelli siamesi
I gemelli siamesi, o gemelli congiunti, sono una coppia di gemelli omozigoti, quindi sempre geneticamente identici e dello stesso sesso. Sono uniti fisicamente, spesso condividendo uno o più organi. Hanno un solo corion (membrana che riveste esternamente l'embrione), una sola placenta e un solo sacco amniotico. Il processo che porta alla genesi di gemelli siamesi è molto simile a quello che caratterizza i gemelli omozigoti: una singola cellula uovo fecondata (zigote) si divide in due metà, in questi casi con una scissione incompleta.
Incidenza
I gemelli congiunti sono molto rari. L’incidenza è stimata in un caso ogni 200 mila nascite.
La mortalità dopo la nascita è molto alta e legata al tipo e all’estensione della congiunzione: in media è del 50%. Nella maggioranza dei casi i genitori, dopo la diagnosi formulata già nei primi mesi di gestazione, scelgono di interrompere la gravidanza.

La nostra esperienza
E’ la prima coppia di gemelli siamesi che nasce all’Ospedale di Bergamo. La quasi totalità degli operatori che hanno seguito il caso non aveva mai visto una coppia di gemelli siamesi prima, se non in letteratura.
Giuseppe Locatelli, primario emerito dell’Ospedale di Bergamo, aveva operato a partire dagli anni ’70 alcune coppie di gemelli siamesi provenienti da tutta Italia. Con Maurizio Cheli, attuale direttore della Chirurgia pediatrica, aveva operato negli anni ’90 una coppia di gemelli siamesi nati in un altro ospedale e che condividevano il cuore, purtroppo senza successo.
Nel mondo vengono operati dai 6 agli 8 casi di gemelli siamesi ogni anno. I centri più attivi sono New York e Londra. In Italia questo è il terzo caso in pochi mesi, dopo i due interventi eseguiti all’Ospedale Bambino Gesù di Roma su bambini nati all’estero.
L'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è riconosciuto da Regione Lombardia come «hub» di terzo livello per l'assistenza pediatrica multidisciplinare del bambino critico, dalla nascita fino alla maggiore età. Nel reparto di Ostetricia e ginecologia dell'Ospedale di Bergamo vengono alla luce più di 4 mila bambini ogni anno e quasi la metà delle gravidanze seguite presenta fattori di rischio.