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Ictus ischemico o emorragico

Cosa è l’ictus cerebrale
L’ictus è un danno cerebrale che si verifica quando l’afflusso di sangue diretto al cervello si interrompe improvvisamente per la chiusura o la rottura di un’arteria. Le cellule cerebrali subiscono un danno in conseguenza del mancato apporto dell’ossigeno e dei nutrimenti portati dal sangue, oppure dalla compressione causata dal sangue uscito dal vaso.
In caso di chiusura dell’arteria, si parla di ictus ischemico (o infarto cerebrale o ischemia). È la forma di ictus di più frequente osservazione (85% dei casi). Si parla invece di ictus emorragico o emorragia cerebrale (15% dei casi) in caso di rottura dell’arteria.
L’ictus cerebrale rappresenta la terza causa assoluta di mortalità nei paesi sviluppati, e la prima di disabilità. In Italia, l’ictus cerebrale colpisce circa 185.000 persone ogni anno. L’incidenza, bassa fino ai 40 anni, tende a salire proporzionalmente all’età: in 3 casi su 4, l’ictus cerebrale colpisce persone di età superiore ai 65 anni.

Cause dell’ictus cerebrale
Nella maggior parte dei casi, a compromettere l’apporto di sangue al cervello è la presenza di elementi ostruttivi quali trombi o emboli all’interno di una arteria cerebrale, oppure di un vaso arterioso che precede le arterie cerebrali (tipicamente le carotidi, le arterie del collo). Più raramente, la compromissione avviene a causa della rottura vera e propria di una arteria cerebrale. L’azione prolungata sui vasi arteriosi di elevati valori di pressione sanguigna può provocare l’indurimento delle pareti dei vasi, e quindi la loro perdita di elasticità: le arterie in alcuni punti si assottigliano, diventano meno resistenti, e si rompono più facilmente a causa di sbalzi di pressione anche non elevati.
I fattori di rischio dell’ictus cerebrali sono diversi. Tra quelli modificabili troviamo l’ipertensione cronica, l’aterosclerosi, le malattie cardiovascolari e le aritmie cardiache, il diabete mellito, il  fumo, l’obesità, l’inattività fisica, l’abuso di alcolici e droghe. Tra i fattori di rischio non modificabili sono importanti l’età avanzata e la familiarità.

Sintomatologia
I sintomi dell’ictus insorgono molto rapidamente, di solito in pochi minuti. Un ictus grave può uccidere sul colpo. In alcuni casi l’ictus si manifesta senza alcun segno premonitore; più spesso, tuttavia, si manifesta una serie di sintomi derivanti dal ridotto afflusso di sangue al cervello: improvvisa perdita di forza o di sensibilità (a un braccio, a una gamba, a metà corpo, alla faccia, anche con deviazione della bocca), difficoltà a mantenere l’equilibrio, confusione o disturbo della capacità di capire ed esprimersi, difficoltà di deglutizione, stato confusionale, annebbiamento o perdita della vista anche parziale e cefalea violenta.
A volte questi sintomi compaiono per alcuni minuti, per poi scomparire completamente: si parla in questi casi di Attacchi Ischemici Transitori (TIA). Si tratta di un calo temporaneo dell’afflusso di sangue al cervello, sufficiente a determinare alcuni sintomi ma non la morte dei neuroni: per questo, concluso il deficit di irrorazione, i sintomi scompaiono. Sono segnali di allarme estremamente importanti: 1 persona su 3 tra quelle che hanno avuto un Attacco Ischemico Transitorio è destinata ad andare incontro a un vero e proprio ictus, nel 20% dei casi entro 1 solo anno. Riconoscere tempestivamente l’Attacco Ischemico Transitorio è di cruciale importanza, perché consente di diagnosticare l’eventuale lesione alle carotidi o altre arterie e quindi di mettere in atto una prevenzione, sia attraverso un intervento chirurgico, sia attraverso farmaci che mantengano il sangue adeguatamente diluito.

Diagnosi
Dopo un episodio di ictus, la diagnosi clinica e gli esami strumentali (Tomografia Computerizzata o Risonanza Magnetica) consentiranno di determinare il tipo di ictus, se ischemico o emorragico, e l’area del cervello colpita. Si cercherà quindi di determinarne le cause, attraverso un’altra serie di esami: elettrocardiogramma ed ecocardiografia, per rilevare eventuali problemi al cuore; esami di diagnostica per immagini, per stabilire se i vasi sanguigni del collo siano ostruiti o ristretti; esami del sangue per verificare la presenza di fattori di rischio quali diabete, colesterolo alto o eccessiva coagulazione del sangue.

Trattamento dell’ictus
Il trattamento deve avvenire in ospedale, possibilmente in quei centri adeguatamente attrezzati per gestire l'emergenza. 
Nel caso di ictus ischemico si interviene con una terapia trombolitica, ovvero l’infusione endovenosa di un farmaco capace di “sciogliere” il trombo. Si tratta dell’arma più efficace a nostra disposizione per tentare di ripristinare il flusso di sangue e contenere i danni al cervello. Fondamentale in questo caso è la precocità della terapia, attualmente raccomandata non oltre le 4 ore e mezza dall’evento. 
Una ulteriore possibilità terapeutica è offerta dalla trombectomia meccanica, cioè l’intervento di disostruzione del vaso occluso, generalmente salendo attraverso l’arteria femorale o l’arteria radiale. Questo approccio necessita di una diagnostica neuroradiologica specifica e della figura del neuroradiologo interventista, e può essere effettuato in centri esperti di III livello quale è l’Ospedale Papa Giovanni XXIII.
Nel caso di ictus emorragico,vanno corrette le cause che favoriscono il sanguinamento. Se l’ematoma e l’edema che lo circonda esercitano una notevole pressione su cervello, si può tentare di decomprimere chirurgicamente l’encefalo, asportando la teca cranica e permettendo al cervello di espandersi.  

Riabilitazione
La riabilitazione, che ha inizio già in ospedale dopo 1 o 2 giorni dall’ictus, è fondamentale per recuperare una buona funzionalità. Include esercizi che hanno lo scopo di “insegnare” alle aree sane del cervello come svolgere quelle mansioni che erano precedentemente svolte dalle aree lesionate. 
La riabilitazione prosegue poi dopo la dimissione, a seconda della gravità dei sintomi a casa o in una struttura specializzata. Ovunque si vada, molte persone che hanno avuto un ictus presentano una buona ripresa nell’arco dei primi 6-12 mesi, ma il recupero può proseguire anche per tutta la vita. Solitamente, più si migliora nei primi giorni più si continuerà a migliorare.
Dopo la dimissione dall’ospedale è fondamentale prevenire nuovi episodi di ictus: per questo motivo il paziente deve recarsi dal medico di famiglia con la lettera di dimissione, eseguire scrupolosamente i controlli da questi prescritti e controllare periodicamente la pressione arteriosa. Deve inoltre seguire attentamente la terapia consigliata, sia quella volta a prevenire un nuovo ictus (farmaci antiaggreganti e anticoagulanti), sia quella volta a controllare i fattori di rischio (farmaci contro l’ipertensione, il diabete, il colesterolo ecc.).
Su 10 persone colpite da ictus, solitamente 1 si riprende quasi completamente; 3 recuperano la maggior parte delle funzioni; 4 avranno disabilità che richiederanno assistenza specialistica, e 2 non sopravvivono.